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MessaggioTitolo: Autoproduzione   Autoproduzione EmptyMer Ott 03, 2007 1:23 am

PERCHE’ FARSI LA BIRRA DA SOLI?
L’homebrewing é un hobby ideale: ci si può dedicare parecchio tempo libero, non richiede grosse somme di
denaro per l’attrezzatura e permette di sviluppare l’attività brassicola secondo il “livello” desiderato. Si può
infatti cominciare con un paio di bidoni in plastica e qualche accessorio e si può arrivare sino a impianti in
acciaio inox con pompe, termostati e caldaie computerizzate!
Lo stimolo principale é comunque poter arrivare a gustare una BUONA birra (ed avere la soddisfazione di
averla realizzata!). La maggior parte delle birre commerciali sono infatti filtrate e pastorizzate ed
indubbiamente tali processi spesso incidono sulle qualità organolettiche e nutrizionali del prodotto finito;
inoltre non di rado fattori come il trasporto, la cattiva conservazione ed il tempo trascorso dalla produzione
tendono a rovinare la birra.
Considerato tutto questo, anche i primi tentativi di fabbricazione casalinga danno in generale risultati migliori
rispetto a molte birre commerciali in circolazione!

FARSI LA BIRRA IN CASA E’ LEGALE
Considerato che in Italia la normativa é spesso farraginosa e ridondante (non mi prendo quindi alcuna
responsabilità di quanto qui espresso), risulta che la materia sia attualmente regolata dal seguente Decreto
Legislativo: n. 504 del 26/10/95. art. 34 comma 3:
"é esente da accisa la birra prodotta da un privato e consumata dallo stesso produttore, dai suoi famigliari e
dai suoi ospiti, a condizione che non formi oggetto di alcuna attività di vendita."
In linea teorica quindi la discriminante non é la quantità prodotta, bensì se la birra é oggetto di vendita.

BIRRA E SALUTE
Non entriamo nel dettaglio in campi che non ci competono, ma gli elementi che costituiscono la birra sono
spesso magnificati dai nutrizionisti per l’influenza positiva sul metabolismo umano, tant’é che luppolo, malto
e lievito di birra sono venduti in erboristeria a peso d’oro!
Quanto ai veri pericoli relativi all'ingestione delle produzioni birrarie casalinghe più o meno riuscite, sembra
accertato che anche una birra invecchiata o deteriorata ad esempio per mancanze nelle procedure di
sterilizzazione possa essere magari "cattiva" ma non dannosa per la salute. I microorganismi potenzialmente
tossici trovano un ambiente sfavorevole per acidità, grado di alcool e luppolo (conservante naturale).
Comunque la birra casalinga é molto, molto meno pericolosa della produzione di marmellate, conserve ecc.
che presentano sempre un rischio di botulino. L’unico vero rischio é l'esplosione delle bottiglie stesse per
una eccessiva pressione dovuta ad eccesso di carbonazione!
Davide Bertinotti - Come fare la birra in casa - pagina 4

INTRODUZIONE
Esistono sostanzialmente tre metodi per la produzione casalinga di birra:
1) utilizzare dei kit pronti (estratto di malto luppolato)
2) utilizzare l’estratto di malto non luppolato + luppolo + eventuali grani speciali
3) utilizzare malto d’orzo in grani
Un po’ di confronti dei diversi metodi:
RISULTATI: con gli opportuni accorgimenti, con l’estratto si ottengono di solito migliori risultati che con i kit.
Sul fatto che usando l'estratto non luppolato si riescano ad ottenere gli stessi risultati che con il
procedimento completo (grani)... provate a chiedere ai vari newsgroup di homebrewing e scatenerete
discussioni infinite. Qualcuno dice che usare l'estratto é come usare il caffé in polvere rispetto a farlo con la
caffettiera, altri ribattono che molte birre da estratto hanno battuto la concorrenza in diversi concorsi birrari.
In realtà, il risultato dipende da che stile di birra si vuole produrre: generalmente se si enfatizza abbastanza il
carattere del luppolo o del lievito o dei malti speciali la differenza tra estratto e grani può essere sia
trascurabile o nulla, mentre in altri casi il metodo grani é indubbiamente superiore. In linea di principio, la
differenza del risultato tra i diversi medoti é minore per birre piuttosto alcoliche e di colore scuro. Per
produrre una buona pils ad esempio, il metodo grani é caldamente consigliato.

DIFFICOLTA’ E ATTREZZATURA: con estratto é richiesto veramente poco sforzo in più del kit, mentre con i
grani é più complesso come tecnica, tempo e attrezzature.

SODDISFAZIONE: con l’estratto é meglio del kit soprattutto perché si ha la libertà di crearsi le proprie ricette
e realizzare quasi tutti gli stili classici di birra (e inventarne dei nuovi), nonché sperimentare ecc. ecc.
Con i grani ovviamente si hanno le maggiori soddisfazioni perché si possono controllare tutte le variabili del
processo e usare tutti i tipi di malto.
COSTI di materia prima: sicuramente grani < estratto < kit < birra acquistata

QUALE METODO PER INIZIARE?
E’ sicuramente consigliabile iniziare con un kit per farsi un po’ di esperienza in alcune fasi del processo di
produzione, come i travasi e l’imbottigliamento. E’ anche vero che alcuni hanno iniziato direttamente dai
grani!


LA BIRRA DA ESTRATTO LUPPOLATO (KIT)
Questo é il sistema con cui la maggior parte degli appassionati comincia, l'attrezzatura é in realtà una
semplice attrezzatura per la fermentazione, perché ci si limita a questa fase della produzione. Se si acquista
un kit completo, non si avrà bisogno di altro (in genere i kit comprendono anche la prima lattina di estratto di
malto luppolato). In alternativa, i vari pezzi possono essere acquistati separatamente nei negozi di materiali
plastici e nei negozi di agraria/enologia. Nell’attrezzatura da kit é compresa anche la prima lattina di estratto.
In Italia esistono due completi di attrezzatura da kit: quello dell'australiana Coopers, realizzato in realtà dalla
Larix di Parma, e quello della P.A.B. - Mr.Malt di Udine.

ATTREZZATURA
I “completi” da kit sono composti da:
• Un bidone per la fermentazione con un rubinetto di scarico in basso, in materiale plastico per alimenti.
• Un termometro digitale adesivo (quelle striscioline con i numeri che appaiono a seconda della
temperatura) per controllare che la temperatura della fermentazione rimanga nei limiti (18° 25° per l'alta
fermentazione e 7° 12° per la bassa).
• Un gorgogliatore: una valvola che permette all'anidride carbonica prodotta dalla fermentazione di uscire,
ma non permette all'aria esterna di entrare.
• Un densimetro per misurare il progresso della fermentazione attraverso il progressivo diminuire della
densità del mosto. Questo consiste in un galleggiante di vetro che termina nella parte alta con una
piccola asta graduata. Tanto più si immerge il galleggiante, tanto meno il liquido é denso. La gradazione
dell'asta misura i kg di zuccheri per ogni litro (l'acqua é = 1,000).
• Una provetta per effettuare la misura della densità.
• Una spatola per mescolare ed aerare il mosto.
• Un tubo per travasare La birra nelle bottiglie.
• Una tappatrice per tappi a corona e una confezione di tappi.
• Eventuali tubi per travasi.
• Polvere detergente e sanitizzante.


Autoproduzione Birra10

Il Kit Coopers comprende poi un secondo bidone che serve per separare la birra dal fondo di lievito e ad
aggiungere la quantità di zucchero necessaria prima dell'imbottigliamento (vedi poi). Forse per questo
motivo, questo kit costa un po’ di più. Un accessorio non compreso nei kit (e come potrebbe esserlo?) sono
le bottiglie.

Nel caso che non si voglia comprare un kit completo vengono descritte in seguito le attrezzature alternative
facilmente reperibili in commercio. (Invero, fatti due conti, forse è più conveniente acquistare direttamente i
kit piuttosto che i vari pezzi separati). Le attrezzature strettamente necessarie sono comunque:

Il FERMENTATORE dovrà essere in materiale per alimenti. Preferibili sono le materie plastiche apposite (in
genere recano la dicitura), acciaio inox e vetro. Tipicamente conterrà 25/30 litri. I bidoni in materiale plastico
hanno il vantaggio di potere essere chiusi ermeticamente e di applicare un rubinetto per i travasi. Si trovano
anche ottimi fermentatori in inox, dal costo sicuramente più elevato rispetto alla plastica.
Per quanto riguarda il vetro si possono usare le damigiane, oppure dei fermentatori appositi detti “carboy”,
anche se la pulizia risulta più difficoltosa.

Autoproduzione Birra211

Da tenere presente che con il vetro esiste la possibilità di rotture (durante i trasporti ma non solo!) che - a
parte il pericolo di farsi male - allagherebbero la casa con 23 litri di mosto appiccicoso! A qualcuno é
capitato!

Le BOTTIGLIE: a meno che non si voglia comprarle, é necessario raccoglierle, farsele regalare da amici o
dai bar: dato che solitamente vengono gettate, gli si fa anche il favore di portarle via! Non sono adatte le
bottiglie da vino o da acqua minerale, perché non sono abbastanza robuste. E’ anche importante che siano
scure, perché la birra viene danneggiata dalla luce. Le migliori bottiglie sono quelle tipo weizen da 1/2 litro o
quelle di importazione belga: robuste, scure e con il colletto alto, ma anche quelle da spumante o con la
chiusura meccanica tipo Fischer sono ottime. Altre bottiglie tipo Beck’s o Ceres possono andare bene, ma
con alcuni tappabottiglie si fa fatica ad assicurare una chiusura ermetica e solida.
TAPPABOTTIGLIE e TAPPI sono facilmente reperibili nei brico e negozi di enologia. Esistono diversi
tappabottiglie (a colonna, a due leve, a ... martello!) tutti efficaci; magari l’ultimo é un pò brutale e se si usano
bottiglie fragili si corre qualche rischio. I tappi solitamente usati sono quelli a corona ed esistono due misure:
da 26 e 29mm: quelli piccoli sono i più diffusi mentre gli altri sono solitamente usati per le bottiglie da 75cc.
Si possono utilizzare - per le bottiglie tipo spumante - anche i tappi a fungo, generalmente in plastica,
assicurati dalla gabbietta metallica. I tappi di sughero sono pure utilizzati per la birra ma esiste ampia
discussione sulla eventualità che possano più facilmente contaminare la birra, dato che non sono facilmente
sanitizzabili.

PRODOTTI PER SANITIZZARE le bottiglie e i tappi. All’interno dell’attrezzatura da kit si trova solitamente i
metabisolfito (usato in enologia), che non é certamente il migliore prodotto per rendere “sterili” gli attrezzi che
entrano in contatto con il mosto. Ottimi sono quelli a base di cloro o la comunissima candeggina (non
profumata) che ha una azione sterilizzante a bassissimi dosaggi.
Come e perché sanitizzare
TUTTO ciò che viene a contatto con il mosto o la birra e che non viene bollito va
sterilizzato (o meglio, "sanitizzato" visto che é impossibile e non necessaria una
vera e propria sterilizzazione completa); quindi, mestoli, densimetri ecc., imbuti, tubi,
sifoni, tini, e soprattutto bottiglie; sanitizzare la pentola non é necessario perché la
bollitura é più che sufficiente a sterilizzare sia questa che gli ingredienti.
Usare dei prodotti specifici a base di cloro oppure candeggina comune molto diluita.
Basta circa un cucchiaino da té per litro di acqua; lasciare nella soluzione per 15
min. almeno, poi sciacquare abbondantemente con acqua calda. Meglio usare
sempre i guanti.
Le microbirrerie usano l’acido peracetico, che ha i vantaggi di essere abbastanza
economico e non necessita di risciacquo.

Attenzione, la varechina ed i prodotti al cloro attaccano alla lunga l’acciaio
inossidabile, quindi mestoli ecc. vanno tenuti poco tempo nella soluzione. Il
metabisolfito di sodio o potassio non ha questi inconvenienti ma é meno efficace.
Perché sanitizzare? Quando mettiamo il mosto nel fermentatore abbiamo una gran
quantità di liquido zuccherino che può fare gola a molti batteri: il compito
dell’homebrewer é di assicurare che questo “zucchero” sia consumato solo dal
lievito che immettiamo!
Altri accessori non strettamente necessari ma consigliabili:

TERMOMETRO adesivo da mettere sul fermentatore
DENSIMETRO per misurare il processo di fermentazione
TUBI IN MATERIALE PLASTICO per alimenti da utilizzare per effettuare i travasi
Un SECONDO FERMENTATORE é utile per eliminare i sedimenti di proteine e lievito ed imbottigliare birra
più limpida.
SCOLABOTTIGLIE e SCIACQUABOTTIGLIE si trovano nei brico / negozi di enologia

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MessaggioTitolo: Autoproduzione   Autoproduzione EmptyMer Ott 03, 2007 7:07 pm

PREPARAZIONE
Il procedimento di produzione a partire dall'estratto luppolato, é molto semplice ed é spiegato nelle istruzioni
della lattina. Oggi in Italia é disponibile una grande gamma di estratti delle marche più importanti.
In pratica, é consigliabile preriscaldare la lattina di estratto del kit in acqua calda per 10 minuti, in modo tale
da rendere maggiormente fluido il composto. L’estratto di malto é infatti molto viscoso (tipo miele) se lasciato
a temperature sotto i 20C, quindi é più complicato travasarlo.
Aperta la latta, si versa il contenuto in una pentola con 2-3 litri di acqua (avendo cura di recuperare il
prodotto rimanente con dell’acqua calda) aggiungendo lo zucchero richiesto dalle istruzioni.
Lo zucchero nei kit
Alcuni kit richiedono l’inserimento di ulteriore materiale fermentabile (altri sono già
completi) e solitamente viene indicato il comune zucchero da tavola. Lo zucchero é
fermentabile in genere al 100%, quindi non apporta alcun contributo alla dolcezza
della birra, anzi: birre con alte percentuali di zucchero (ad es. bianco da tavola o
miele) sono MENO dolci e soprattutto meno corpose e gustose di birre "tutto malto".
Lo zucchero va quindi usato con parsimonia accertandosi che sia stilisticamente
coerente con il tipo di birra che si prepara.
Se possibile, é consigliabile sostituire lo zucchero con estratto di malto, liquido o
secco. E’ da tenere in considerazione che l’estratto di malto é fermentabile al 75% e
che l’estratto liquido ha circa il 20% di acqua. Se si vuole mantenere la stessa
gradazione alcolica finale della birra la sostituzione dovrà essere effettuata secondo
questo rapporto:
100g. zucchero da tavola = 130g estratto di malto secco
100g. zucchero da tavola = 160g estratto di malto liquido


Effettuare una breve bollitura (5 minuti) e raffreddare il più velocemente possibile, magari nel lavello a
bagnomaria.
Versare nel fermentatore (che é stato opportunamente sanitizzato in precedenza) ed aggiungere acqua
fredda per arrivare ai litri totali come da istruzioni del kit.
L’acqua che viene aggiunta può essere benissimo quella della rete dell’acquedotto, a patto che non abbia
gusti strani (cloro, piuttosto che solfuri etc...). Al limite può essere utilizzata quella in bottiglia da discount.
A questo punto si aggiunge il lievito secco corredato avendo l’accortezza di verificare che la temperatura del
mosto sia vicina al 20°C (non meno di 18 e non più di 25).
Per una migliore attività del lievito é opportuno che questo venga reidratato circa mezz’ora prima mettendolo
in un vasetto (opportunamente sanitizzato) con dell’acqua a 20-25°C. Si noterà una schiuma superficiale che
testimonia che il lievito é attivo.
A questo punto si può misurare la gradazione saccarometrica (OG=Original gravity, densità all'origine),
usando il densimetro. Assicurarsi di aver MESCOLATO BENE e che la temperatura del mosto sia di circa
20°C. E’ opportuno non reinserire nel fermentatore il liquido misurato dal densimetro, a meno di non aver
sanitizzato pure questo.
Chiudere il fermentatore, inserendo il gorgogliatore - se viene utilizzato - e posizionarlo in un luogo buio con
temperatura stabile sui 20 gradi.

FERMENTAZIONE
La fermentazione deve avvenire ad una temperatura tra i 18 e i 22 C. Il fermentatore deve essere chiuso ma
non ermeticamente, per proteggere il mosto da agenti esterni, polvere, insetti, ecc.
L'avvio della fermentazione si rende evidente in poche ore per la produzione di anidride carbonica che esce
attraverso il gorgogliatore facendo, appunto, gorgogliare il liquido in esso contenuto (Attenzione: se c’è una
minima perdita di aria, il gorgogliatore non sembrerà attivo. Nessuna preoccupazione: la fermentazione può
procedere comunque!). Altra attività che rende evidente la fermentazione é la formazione di un evidente
strato di schiuma sulla superficie del mosto. Questo avviene normalmente dopo 5 - 15 ore dall'aggiunta del
lievito, a seconda del tipo di lievito impiegato. Se ciò non avviene, provare a rimescolare energicamente,
verificare se l'ambiente é troppo freddo e se necessario ripetere l'attivazione e l'aggiunta del lievito.

Dove fermentare?
Basta che sia un luogo con una temperatura tra 18 e 22C circa e ragionevolmente
pulito; si può anche in casa se chiamate profumo e non puzza gli aromi alcolici e di
lievito che vengono prodotti. E’ consigliabile comunque non lasciare il fermentatore
in camera da letto, perché viene prodotta parecchia CO2.


Normalmente la fermentazione dovrebbe durare dai 4 ai 7 giorni circa; quando il ritmo dei gorgoglii
diminuisce, si misura con il densimetro il peso specifico della birra. Se abbiamo raggiunto il livello indicato
nelle istruzioni, siamo pronti per imbottigliare. Nell’incertezza che la fermentazione non sia completamente
conclusa, (ad esempio la misurazione del densimetro non é esattamente pari a quella indicata dalle
istruzioni) é meglio lasciare la birra ancora qualche giorno nel fermentatore (anche sino a 10-15gg in totale).
Altro elemento che testimonia la conclusione della fermentazione é il sedimento di lievito sul fondo del
fermentatore: finita la sua attività, tende infatti a depositarsi, rendendo la birra più limpida. Attenzione nel
distinguere il deposito di proteine (che si crea subito dopo il travaso nel fermentatore) da quello di lievito: se
si ha un fermentatore trasparente si noterà che il deposito di lievito è più chiaro di quello di proteine
sottostante.

IMBOTTIGLIAMENTO
Se si hanno due fermentatori, é meglio travasare la birra (sempre sanitizzando tutto!) in modo tale da
Davide Bertinotti - Come fare la birra in casa - pagina 9
lasciare i depositi indisturbati nel primo tino.

Travasare la birra
Il metodo più comodo é avere il rubinettino già inserito nel fermentatore, ma si può
utilizzare anche il metodo “sifone” con un tubo di plastica per alimenti: tenendo
verso l’alto le due estremità del tubo, si riempie di acqua; immergendo un capo del
tubo nella pentola e mettendo l’altro capo nel tino vuoto si potrà travasare
facilmente.


Autoproduzione 110

Tre accortezze importanti: 1) MAI fare partire il sifone aspirando con la bocca: nella
saliva sono contenuti dei batteri che farebbero inacidire la birra; 2) si deve “pescare”
ad un paio di centimetri dal fondo della tino per non risucchiare anche il sedimento;
3) evitare al massimo l’ossigenazione della birra già germentata (facendola
"splashare" mentre viene trasferita)


Nella birra imbottigliata é necessario inserire degli ulteriori zuccheri che risveglino per poco l’attività del
lievito, creando la CO2 necessaria a garantire la frizzantezza e la schiuma.
La quantità di zuccheri deve essere adeguata al volume della bottiglia (ed anche allo stile della birra): una
eccessiva dose potrebbe creare troppa pressione e fare esplodere le bottiglie. Questo può essere molto
pericoloso! In linea generale vengono suggeriti 6/7 grammi di zucchero da tavola per litro, ed alcuni kit
comprendono un misurino apposito.
Il sistema migliore, soprattutto volendo usare altri fermentabili (estratto, miele o altro) é travasare la birra ed
aggiungere lo zucchero nel secondo tino. Per sicurezza di sanitizzazione é sempre meglio effettuare prima
una breve bollitura dello zucchero con poca acqua ed aggiungere la soluzione raffreddata alla birra.
Prima di procedere con l’imbottigliamento vero e proprio é necessario mescolare bene (con una paletta
sanitizzata) birra e soluzione di zucchero, senza però ossigenare troppo. I due liquidi, essendo di densità
differenti, tendono infatti a stratificarsi e si corre il rischio di imbottigliare parte della birra senza zucchero e
parte con il pericolo di ritrovarsi bombe ad orologeria!

MATURAZIONE
Le bottiglie di birra vengono a questo punto messe in un luogo buio a 20°C per 10 giorni - due settimane in
modo da permettere al lievito di fare il suo compito. Trascorso questo tempo, si possono trasportare le
bottiglie in un luogo più fresco (meglio la cantina a 14C) dove devono essere lasciate per altre due
settimane. Ad un mese dall’imbottigliamento la birra é pronta da bere, ma bisogna tenere presente che una
maturazione più lunga migliora il prodotto. Per alcune birre molto alcoliche, questa può diventare anche di
parecchi mesi.
Al momento della... bevuta, ricordarsi che ci sarà un po’ di lievito depositato sul fondo della bottiglia: versare
quindi la birra con la dovuta accortezza, possibilmente in una o due volte. Prosit!

COME MIGLIORARE I KIT
ESTRATTO
: i malti preparati che prevedono l'utilizzo di alte proporzioni di zucchero possiedono sicuramente
un elevato rapporto qualità/prezzo ma la birra che se ne produce, in genere, é piuttosto secca e manca di
corpo perché lo zucchero é completamente fermentabile (produce alcool) mentre l'estratto di malto é solo
parzialmente fermentabile (produce alcool e mantiene destrine).
Si può quindi sostituire lo zucchero con estratto di malto (come sopra citato). L’unica accortezza da usare é
con l’estratto di malto secco: dato che tende a formare grumi, é opportuno versarlo poco per volta e
mescolare continuamente.

GRANI SPECIALI: é possibile aggiungere una certa quantità di malto in grani, per modificare gusto e aromi,
tipo malti caramello (Cara-Pils, Cara-Vienna, Cara-Monaco, Crystal, Special B) o malti torrefatti (Chocolate,
Black, Roast) grani non maltati ma torrefatti (Roast Barley)
Questi vanno macinati grossolanamente e immersi in circa 2 litri di acqua calda (circa 70°C) per circa 30
minuti. Successivamente si filtra il liquido così ottenuto con un colino a trama fitta e si continua come al solito
aggiungendo gli zuccheri previsti, l'estratto di malto secco e il contenuto del kit.
I grani utilizzati scuriranno la birra ottenuta e ne cambieranno aroma e gusto. Attenzione a non esagerare in
quantità, perché la birra potrebbe risultare sbilanciata (troppo dolce o troppo tostata...) rispetto al kit di
partenza. Per i 23 litri di birra, non superare quindi i 400-500 grammi per i malti caramello e 200-300g per i
malti torrefatti.
LUPPOLO: per aumentare profumo e aroma senza aumentare l'amaro é sufficiente portare a bollore la solita
pentola da circa 5 litri con l'infuso di malto in grani, l'estratto di malto, gli zuccheri ed il malto preparato,
aggiungere circa 15 g di luppolo, spegnere il fuoco, coprire la pentola con il coperchio e lasciare in infusione
per 15-30 minuti. Alla fine si filtra con un colino sanitizzato e si procede alla fermentazione come al solito.
Un altro metodo é quello in cui si aggiungono 3/10g di fiori di luppolo nel fermentatore (dry-hopping) dopo 4-
5 giorni dall’inizio della fermentazione o nel secondo fermentatore. Dopo 4/5 giorni si rimuovono e si procede
all’imbottigliamento.

LIEVITO LIQUIDO: i kit forniscono sempre anche una bustina di lievito secco "standard" che dà dei buoni
risultati ma ovviamente non caratterizza la birra quanto un lievito specifico per lo stile birrario voluto. Si
possono quindi utilizzare dei lieviti liquidi.

LA BIRRA DA ESTRATTO NON LUPPOLATO
Se si vuole personalizzare il kit aggiungendo l’estratto al posto dello zucchero, i grani speciali, del luppolo e
del lievito liquido, allora tanto vale realizzare direttamente la birra partendo da estratto di malto. Lo sforzo per
fare il passaggio di metodo é veramente minimo:
ATTREZZATURA
Oltre agli elementi per la fermentazione e l'imbottigliamento che servono per i kit, serviranno:
• Una pentola di grosse dimensioni, minimo da 8-10 litri. Non é strettamente necessario che la capacità
sia uguale alla birra da produrre (la bollitura infatti può essere fatta con il mosto più concentrato e poi
diluito), ma sarebbe meglio avvicinarsi ad un volume vicino a quello finale. Le pentole in alluminio da
conserve di 25-30 litri sono economiche e di dimensioni ideali.
• Un sistema per macinare i grani speciali: vanno bene i macinacaffé di vecchio tipo (non quelli a lama),
oppure procedere manualmente con un batticarne. L’importante é ottenere il risultato voluto: i grani non
devono essere triturati finemente, bensì schiacciati, rotti.
• Un sistema di filtraggio per filtrare il malto speciale macinato ed il luppolo dopo l'ebollizione del mosto.
Si possono utilizzare colini, setacci etc. oppure anche dei sacchetti di tela a trama grossa entro cui
mettere i grani ed il luppolo invece che lasciarli liberi nella pentola (Grain Bag e Hop Bag).
• Un termometro 0-100°C. Ottimi quelli per usi fotografici e da laboratorio.
• Una bilancia sufficientemente precisa per il luppolo (vanno bene quelle da cucina o per la posta con
risoluzione di 1 grammo)

Autoproduzione 210

L’attrezzatura dell’”estrattista”:
1-pentola di buona capienza (almeno 20 litri)
2-il fermentatore! in plastica per alimenti
3-candeggina NON profumata
4-bilancia di precisione al grammo
5-bottiglie
6-tappabottiglie
7-tappi
8-mestolo
9-lavabottiglie
10-densimetro
11-termometro 0-100°C
12-sacchetti per il luppolo
Utili anche tubi di plastica per alimenti per
effettuare i travasi

INGREDIENTI
Elemento base é l’estratto di malto secco o liquido. Esistono quelli specifici per fare birra (circa 5 Euro al
Kg.), ma si possono anche usare estratti di malto per panettiere, che hanno un costo inferiore (1.30 Euro al
Kg).

Estratto da panettiere
Molti homebrewers utilizzano per le loro realizzazioni l'estratto di malto da
panettiere. E’ un malto molto economico che permette di preparare un gran numero
di ricette con ottimi risultati. Non é molto adatto solo per birre molto chiare in quanto
il suo colore naturale tende al rossastro. Tende poi a scurirsi con il tempo.
L'aspetto negativo del malto da panettieri é essenzialmente quello che non é malto
per birrificazione e l'homebrewer non sa esattamente che cosa ha per le mani; ad
esempio da che tipo di orzo é stato preparato l'estratto, se sia stato usato solo orzo
o anche altri cereali, eccetera. Tuttavia nella pratica i risultati sono decisamente
buoni.
L'estratto valido per gli homebrewer é quello chiaro, a 8000 gradi Pollack. Due
aziende che lo producono sono la Star e la Diamalteria Italiana. E’ confezionato in
latte da 25 kg, sufficienti per circa 150-250 litri di birra.
Esiste anche estratto di malto per fornai in polvere, ma a quanto sembra non é
adatto alla birrificazione, probabilmente perché già mescolato con farine. L’estratto
può essere trovato dai grossisti che riforniscono le panetterie (sulle Pagine Gialle
alla voce Lieviti e Malti). Alle volte questi richiedono una partita I.V.A.. In alternativa
si può chiedere al proprio panettiere.
La durata dell'estratto da panettieri, una volta aperto il barattolo, é sicuramente
lunga, come e forse più di un barattolo di miele. Per ottenere i risultati migliori é
consigliabile tuttavia utilizzare il contenuto del barattolo entro un anno dalla
fabbricazione.


Il luppolo: serve principalmente a dare la componente amara del gusto e alcune caratteristiche aromatiche;
inoltre ha un'azione conservante. Ne esistono diverse qualità a seconda di tipo e provenienza, da impiegarsi
secondo lo stile di birra che si vuole ottenere. Lo si trova nei negozi specializzati in forma di fiori secchi, in
forma di “plugs” (fiori pressati a dischi di 14 grammi) e in forma di "pellets", cioé delle pastigliette di luppolo
macinato.

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MessaggioTitolo: Re: Autoproduzione   Autoproduzione EmptyMer Ott 03, 2007 7:34 pm

PREPARAZIONE
Ipotizzando di voler realizzare 23 litri di birra, é opportuno scaldare 12-15 litri di acqua (possono anche
essere di più) a circa 70°C e mettervi in infusione per mezz'ora i grani preventivamente "rotti". Questo
procedimento consente di sciogliere gli zuccheri (dei grani “caramello”) e di ricavare colore ed aromi che
influiranno sulla birra finita. Se si é usato il Grain Bag (ed é consigliabile) si estrae il sacchetto strizzandolo
bene e si aggiunge l'estratto.
Aggiunto l’estratto, si porta ad ebollizione. Una volta raggiunta, si aggiunge il luppolo per l'amaricazione
(meglio nel suo sacchettino Hop Bag) e si continua a bollire per 45 minuti.
Bollire il mosto
La bollitura deve essere sempre abbastanza vigorosa: questo permette il miglior
coagulo delle proteine contenute dell’estratto di malto e la loro successiva
eliminazione per una birra più limpida. E’ necessario fare attenzione, soprattutto in
caso di utilizzo di pentole di piccole dimensioni: nella prima parte della bollitura, si
forma una densa schiuma che può fuoriuscire! Evitare quindi l’utilizzo di coperchi,
soprattutto nella prima fase.
In generale, i tempi totali di bollitura sono di 60 o 90 minuti, a seconda delle “scuole
di pensiero”; in realtà, non sono dimostrate grandi differenze nei risultati, se non - in
caso di bollitura di 90’ - un lieve maggiore sfruttamento del potere amaricante del
luppolo e un colore leggermente più scuro della birra finita.
A questo punto, secondo quanto indica la ricetta, si può aggiungere una ulteriore piccola quantità di luppolo
che bollirà per non più di 10/15 minuti. Bollendo per poco tempo, quest'ultimo contribuirà poco all'amaro
totale ma l'aroma che cederà al mosto non evaporerà per effetto della lunga bollitura. Il luppolo va poi tolto, o
mediante filtro, oppure attraverso l’Hop Bag.
Si raffredda il mosto il più velocemente possibile, sia per evitare il rischio di infezioni che per favorire la
separazione delle proteine coagulate, che é bene non trasferire nel fermentatore. Si formerà un "fondo" di
sedimento che potrà essere fitrato attraverso il luppolo ed il filtro se non si é usato l'"Hop Bag", in caso
contrario si dovrà lasciare nella pentola le ultime due dita di mosto.
Per raffreddare, si possono usare attrezzature apposite (serpentina in rame in cui far scorrere acqua fredda:
“Wort Chiller”) o immergere il pentolone in acqua fredda in una vasca. A questo punto si diluisce con acqua
fino alla quantità programmata (e anche questo può essere un sistema per raffreddare il mosto). Quando é
raggiunta la temperatura di 20-25°C si può misurare la gradazione saccarometrica (con il densimetro) ed
aggiungere il lievito precedentemente attivato.
La fermentazione, imbottigliamento e maturazione avverrà come sopra descritto nel caso dei kit.
Eliminazione resine del luppolo
C’é diatriba tra gli homebrewers circa la necessità di eliminare con una schiumarola,
nel momento della fermentazione più vigorosa, le resine del luppolo che si formano
sulla schiuma sotto forma di macchie marroni. Alcuni sostengono che queste diano
aromi sgradevoli al prodotto finito, altri (io tra questi) ritengono la cosa
assolutamente trascurabile.
E’ indubbio che - a fronte di una possibile (ma non dimostrata) miglioria del prodotto
- si rischia di infettare la birra e di eliminare assieme alle resine parte del lievito in
piena attività che - in questa fase - tende ad essere portato sulla superficie della
birra.
Il metodo che sembra avere minori rischi é quello di effettuare la fermentazione in
una damigiana, riempiendola quasi interamente di mosto. Costruendo uno sfiato
con un tappo (meglio se di gomma) forato ed incastrando nel foro un tubo che
scenda fino ad immergersi in un contenitore riempito di soluzione disinfettante, si
riuscirà ad eliminare gas e la schiuma senza che possa entrare l'aria esterna. E’
consigliabile che il diametro interno del tubo non sia minore di 15 mm. perché i
residui solidi portati dalla schiuma potrebbero ostruirlo.

LA BIRRA DAI GRANI (ALL GRAIN)
Qualcuno ha proposto per “all grain” una traduzione ardita: “tutte grane!?”. Il passo che si compie dal
realizzare la birra con gli estratti alla tecnica “all grain” é importante in termini di ulteriore attrezzatura, ma
soprattutto in tempo da dedicare ed attenzione a taluni particolari.
E’ indubbio però che con questa tecnica si aprono grandi possibilità di migliorare enormemente la qualità
della birra realizzata, soprattutto per alcuni stili, anche se parimenti crescono le difficoltà di mantenere sotto
controllo tutte le fasi della produzione.
ATTREZZATURA
Esiste una enorme varietà di accessori e gadgets (alcuni utili, altri meno) che si possono acquistare o
autocostruire. Quelli strettamente necessari sono:
• Un mulino per macinare grossolanamente i grani (circa 5 kg per 25 l di birra). Sino a quando ci si trova
di fronte alla necessità di macinare 2-300 grammi di grani speciali da utilizzare con l’estratto, il metodo
artigianale può funzionare, ma con l’all grain l’acquisto di un mulino apposito é essenziale. Esistono di
diversi tipi e costi, ma c’é chi ha realizzato la cosa da sé, sfruttando una macchina per fare la pasta.

Autoproduzione 510

• Un pentolone dove fare l'infusione (in cui si fa anche la bollitura). Diversamente dal metodo con
l’estratto, la capacità della pentola deve essere maggiore di circa un quarto della quantità finale di birra.
• Un sistema di filtraggio per separare i grani impoveriti (trebbie) dall'estratto; questo può essere un
Davide Bertinotti - Come fare la birra in casa - pagina 15
sacco di tela che si trova in commercio nei negozi di enologia, oppure un contenitore apposito (Lauter
Tun).

ll lauter tun (tino filtro)
non dovrà essere riscaldato, e quindi potrà essere in materiale plastico per alimenti.
Dovrà essere però bene isolato, per evitare che l'impasto si raffreddi durante il
filtraggio e dovrà avere un rubinetto di scarico ed ovviamente un sistema di filtraggio
per trattenere le trebbie.
Un modo di costruire un lauter tun consiste nell'utilizzare una ghiacciaia da
campeggio, che é già termoisolata, applicare un rubinetto e costruire un falso fondo
bucherellato (buchi di circa 1 mm), oppure collegare al rubinetto, all'interno della
ghiacciaia e adagiato sul fondo, un tubo piegato a spirale con dei taglietti rivolti
verso il basso. Il tubo rimarrà sotto le trebbie, e permetterà l'uscita del solo estratto.


Autoproduzione 610

Un altro lauter tun consiste in due secchi uguali (metodo “Zapap”). Ad uno si applica
il rubinetto, e all'altro si praticano i forellini sul fondo. Si mette poi quello con i fori
dentro all'altro. Bisogna poi, in qualche modo, isolare il tutto termicamente.


Autoproduzione 710

Si può anche unificare pentola e lautern tun, applicando un sistema di filtraggio alla
pentola. In questo caso sarà o un falso fondo bucherellato abbinato ad un rubinetto
di scarico, o una spirale in tubo con i taglietti collegato ad un rubinetto o a un sifone.
Bisogna anche tenere conto che l'impasto verrà mescolato, e quindi ogni sistema di
filtraggio dovrà essere ben saldo.


Non strettamente necessari ma consigliati:
• Una boccetta di “tintura di iodio” comunemente reperibile in farmacia. Il mosto si ottiene facendo
trasformare l'amido presente nei grani in zuccheri. Poiché la tintura di iodio a contatto con l'amido
acquista una colorazione nerastra (cosa che non avviene con gli zuccheri), mettendo una goccia di
mosto su un piattino bianco, e mescolandola ad una goccia di tintura di iodio, potremo verificare se tutto
l'amido si é trasformato. Quindi, se il colore rimarrà rossastro, la cottura sarà finita, mentre se diventerà
nerastra, bisognerà continuare ancora un po’. Attenzione: la tintura di iodio é tossica, quindi non
rimettere nella pentola il contenuto del piattino!!
• Un sistema di raffreddamento del mosto: nel metodo con estratto abbiamo la possibilità di diminuire
velocemente la temperatura del mosto aggiungendo acqua fredda. Nell’all grain si fa bollire l’intero
quantitativo e quindi la necessità di un sistema più efficiente del semplice immersione in vasca con
acqua fredda. Quello più usato é il “Wort Chiller”, una serpentina in rame immersa nella pentola dopo la
bollitura: si collega l’acqua fredda del rubinetto ad uno dei due capi della serpentina, attaccando all’altra
un tubo per lo scarico dell’acqua nel lavandino (bastano due spezzoni di tubo da giardino da 1 metro e 3
fascette a vite per serrarli).

Autoproduzione 810

• Un sistema di ossigenazione del mosto: l’ossigeno é importante per lo sviluppo del lievito nella prima
parte della fermentazione. La bollitura elimina l’ossigeno disciolto nell’acqua ed é necessario reinserirlo
con qualche mezzo. In parte ci si può riuscire nei travasi del mosto raffreddato oppure agitando il
fermentatore. Il sistema meno impegnativo é quello di utilizzare le pompe per acquari, avendo
l’accortezza di sanitizzare i tubi e le pietre-diffusori (per queste ultime meglio con superalcolici - alcool
etilico o vodka ad esempio - rispetto alla candeggina che può rimanere in parte presente).

Autoproduzione 910

PREPARAZIONE
Nella pentola di infusione si miscela il malto macinato con acqua in modo da ottenere un impasto,
solitamente alla temperatura di circa 52°. Ci sono vari orientamenti riguardo alla proporzione malto/acqua,
ma solitamente si utilizzano 2,5 - 4 litri ogni Kg. di grani. Con 2,5 l/kg la temperatura dell'acqua dovrà essere
circa 7° più alta di quella a cui si vuole cominciare l'infusione (quindi 52°=59°). Per proporzioni differenti
bisogna rifare i conti.
A seconda delle ricette la temperatura dell’impasto dovrà essere elevata ad uno o più livelli (ad esempio: 52,
63, 68, 72 gradi) e mantenuta costante per un determinato periodo di tempo (dai 10 ai 45 minuti). Ogni
pausa ad una determinata temperatura favorirà modificazioni chimico-fisiche del mosto e quindi implicherà
differenze nelle caratteristiche della birra finita (corpo, schiuma, limpidezza, alcool finale etc.)

Aumentare la temperatura dell’impasto
Esistono più sistemi per realizzare la cottura del malto e controllare la temperatura
dell’impasto.
1. Si riscalda l'impasto in un mashtun (tino di impasto) riscaldato (ad esempio il
pentolone sul fuoco) e poi lo si passa nel lauter tun (tino filtro) non riscaldato che ha
l'unico scopo di filtrare l'estratto.
2. Si scalda l'impasto in un mashtun/lautertun, cioé un pentolone dotato di doppio
fondo bucherellato e rubinetto, posto sul fuoco. Una volta finita l'infusione si apre il
rubinetto e via. Sarà necessaria un'altra pentola per tenere l'acqua di risciacquo alla
giusta temperatura.
3. Si usa il sistema a decozione: l'impasto rimane sempre nel lautertun. Per alzare
la temperatura si toglie una parte, la si mette in una pentola e la si fa bollire dopo
averla tenuta 15 min a 65 °. Poi la si rimette nel lautertun ottenendo un
innalzamento della temperatura complessiva dell'impasto. Calcolando la porzione
che viene bollita, si riesce ad ottenere l'incremento di temperatura voluto. Questo
sistema é quello tradizionale delle birre tedesche: dà risultati molto buoni, ma é
piuttosto laborioso.
4. Si usa il sistema inglese: il malto "ale" non ha bisogno di un infusione con
incrementi di temperature e quindi, calcolando la giusta temperatura dell'acqua, si fa
un impasto a 65° nel lauter tun. Questo però deve essere molto ben isolato per non
perdere calore. Successivi piccoli aggiustamenti potranno essere fatti con acqua
bollente o fredda.


Prima di filtrare l'estratto é bene portare il tutto almeno a 75°, così l'estratto sarà meno viscoso e si otterrà un
rendimento più alto. L'estratto che si sarà raccolto a questo punto sarà molto denso e in quantità
insufficiente. Per diluirlo e per recuperare gli zuccheri ancora presenti nel malto, si versa con delicatezza
sopra il letto di trebbie, acqua a 78° (comunque meno di 80°) che si sarà scaldata in precedenza.
Si continua quindi a drenare l'estratto dal rubinetto di scarico, o a raccoglierlo nel caso di sacco filtro, fino ad
ottenere la quantità (e possibilmente la gravità) desiderata. Appare evidente che per l'acqua necessaria a
sciacquare le trebbie avremo bisogno o di una seconda pentola o di un contenitore temporaneo isolato. Ora
l'estratto é pronto per la bollitura e per l'aggiunta del luppolo, come nel caso della birrificazione da estratto.
La fermentazione, imbottigliamento e maturazione avverrà come sopra descritto nel caso dei kit e del
metodo da estratto.
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MessaggioTitolo: Re: Autoproduzione   Autoproduzione EmptyMer Ott 03, 2007 8:00 pm

GRANI ED ALTRI INGREDIENTI FERMENTAILI


CARATTERISTICHE ED UTILIZZO
I grani e gli altri ingredienti (fiocchi, ecc.) che forniscono al mosto materiale fermentabile si dividono in
diverse categorie che determinano la loro tecnica di utilizzo.
La prima distinzione é fra ingredienti che necessitano di mashing (cottura) e quelli che non ne hanno
bisogno. Questi ultimi infatti hanno già subito una trasformazione che ha convertito l'amido in zuccheri più o
meno fermentabili. é come se fosse avvenuto una specie di mini-mashing all'interno di ciascun piccolo
chicco di malto. In questo processo é avvenuta (in misura variabile) anche una caramellizzazione o
tostatura.
Tutti i malti con il nome che inizia per Cara- appartengono a questa categoria, insieme ai malti crystal,
chocolate e black. La loro utilità é quella di poter essere usati con semplicità nel metodo di produzione da
estratto di malto. La loro funzione é di aggiungere/variare colore, gusto, aroma (e in qualche caso, come nel
Carapils, corpo) e non quella di costituire il "grosso" del materiale fermentabile: sono ovviamente utilizzati
anche nella tecnica produttiva "all grain"; in questo caso subiscono il processo di mashing insieme agli altri
grani solo per comodità di uso.
Anche fra i grani e gli ingredienti che necessitano di mashing si deve fare una distinzione: infatti
1. alcuni grani contengono già gli enzimi necessari alla conversione di amido in zucchero, anzi in quantità
superiore alle loro stesse esigenze
2. alcuni grani contengono già detti enzimi, ma solo in quantità strettamente necessaria a loro stessi
3. altri grani o ingredienti ne sono privi. Questi ultimi (sono gli ingredienti più... rompiscatole) devono essere
miscelati insieme ai grani di tipo 1.
Tornando agli ingredienti che non necessitano di mashing, da notare che alcuni (come l'orzo tostato) non
sono in realtà "saccarificati" (amido convertito in zucchero) ma semplicemente tostati in modo tale da
estrarre solamente colore (scuro) e aroma (tostato). Infatti il concetto base di tutto é:
1. vogliamo estrarre zuccheri e/o colore, gusto e aroma
2. non dobbiamo estrarre amido

Autoproduzione Schema10

Quanto sopra per quanto riguarda la possibilità di utilizzo dei grani; ora passiamo al loro effetto quando
vengono impiegati.

CORPOSITA’ DELLA BIRRA
E’ in relazione (anche se non soltanto) con la fermentabilità del mosto.
Infatti, gli zuccheri derivati dal malto (o dai grani non maltati o dai fiocchi) non sono fermentabili al 100% - al
contrario ad es. dello zucchero da tavola); la fermentabilità é di solito fra il 60 ed il 65% e alla fine della
fermentazione permangono nella birra zuccheri non fermentabili (le destrine). E’ questo che determina la
dolcezza e la corposità della birra.
La percentuale di fermentabilità varia a seconda del procedimento di cottura adottato (vedi approfondimenti);
ma alcuni grani "speciali" o da "steeping" (ovvero quelli che non necessitano di mashing) hanno una
fermentabilità piuttosto ridotta e quindi contribuiscono positivamente al corpo della birra. (Carapils,
Caramunich etc... Crystal).

ALTRE CARATTERISTICHE
L’elenco che segue non é certo esaustivo ma é una breve descrizione delle tipologie di grani maggiormente
usati:

PILSENER é il malto di base per la maggior parte delle birre dell'Europa Continentale. E’ quello che da il
colore più chiaro alla birra.

PALE ALE MALT Simile al precedente, essiccato a temperatura leggermente superiore. Rispetto al
precedente é più “modificato” (meno proteine, meno rischio di torbidezza della birra), meno chiaro, meno
ricco di enzimi.

VIENNA, MUNICH Sono prodotti a temperatura progressivamente maggiore (in genere da malti continentali)
e danno un colore progressivamente più scuro alla birra, dall'ambrato al bruno se impiegati al 100%. Hanno
enzimi appena sufficienti a convertire se stessi.

AMBER, BISCUIT Ancora più tostati, dall'aroma più biscottato e non ancora caramellato come i malti che
seguono. Poveri di enzimi.

CARAPILS Colore: chiaro, nessun contributo. Aroma: leggermente caramellato Fermentabilità bassa, viene
quindi impiegato per aggiungere corpo alla birra

CARAMUNICH, CARAVIENNE Caratteristiche in parte simili ai malti di Monaco e Vienna non caramellati;
sono comunque da usare in quantità moderate (i non caramellati si usano anche fino al 100%).
Contribuiscono anche al colore.

CRYSTAL Colore: da ambrato a ramato a bruno chiaro a seconda della quantità Aroma: anche questo é un
malto caramellato, se usato in quantità (es. 200-300gr x10 litri) é uno dei malti che dà maggiormente un
gusto... "caramellato"

CHOCOLATE Colore: anche in quantità moderate può contribuire ad un colore bruno o decisamente scuro
alla birra Aroma: richiama un po’ il cioccolato, ma anche un po’ il tostato-caffé come il Roast.

SPECIAL B Caratteristiche simili al chocolate, ma dà un gusto ancora più "cioccolato" e meno tostato.

ROAST BARLEY Orzo tostato, non maltato! Insieme al Black é quello che contribuisce maggiormente al
colore, ma a volte é usato in quantità molto moderate per certe birre rosse. Caratteristico aroma tostato tipo
caffé; indispensabile nelle stout irlandesi.

BLACK MALT Simile al precedente, ma di aroma ancora più deciso e penetrante. I malti scuri vanno usati
con moderazione, normalmente non eccedere i 100-120 gr totali per 10 litri; a meno di non preparare una
stout tipo Guinness, in questo caso si possono anche superare i 200gr.

MALTO DI GRANO Oltre all'impiego (in quantità fino al 50% e oltre) nelle tipiche weizen, può venire usato in
piccole quantità in quasi tutte le ricette per aumentare la ritenuta di schiuma.

GRANO non maltato, é un tipico ingrediente delle blanche belghe e delle lambic.
ZUCCHERI Per i vari tipi di zucchero non vi sono molte considerazioni da fare. La prima cosa da notare é
che essendo fermentabili in genere al 100% gli zuccheri non portano alcun contributo alla dolcezza della
birra, anzi: birre con alte percentuali di zucchero (ad es. bianco, da tavola) sono MENO dolci e soprattutto
meno corpose e gustose di birre "tutto malto". Lo zucchero va quindi usato con parsimonia accertandosi che
sia stilisticamente coerente con il tipo di birra che si prepara - ad esempio, alcuni tipi di ales belghe lo
prevedono. Alcune Old Ale comprendono nella ricetta zuccheri scuri, non raffinati tipo Demerara o anche
melassa, che ha una aroma particolare e avvertibile. Ales belghe impiegano lo zucchero "candito" (Candy
Sugar) in grossi cristalli. Quello chiaro non dà risultati molto differenti dallo zucchero bianco, ma lo scuro ha
un aroma più interessante e contribuisce anche al colore. In questa categoria ricordiamo anche il MIELE.
Anche questo ingrediente é composto da zuccheri fermentabili al 100% o quasi (quindi in genere non
contribuirà a dolcezza e corpo) ma ha un suo aroma e gusto che può essere interessante in certe birre. Va
aggiunto verso la fine della bollitura se si vuole esaltarne l'aroma, in caso contrario all'inizio.

FIOCCHI sono grani (di orzo, avena, grano etc...) che vengono “cotti” e schiacciati in rulli. Sono ovviamente
privi di enzimi, per cui devono essere utilizzati nel mashing assieme ad altri grani oppure anche con estratto
diastatico (ricco di enzimi). In quest’ultimo caso é necessario effettuare una pausa a temperatura opportuna
(circa 65°C) per permettere la trasformazione degli amidi in zuccheri. I fiocchi non contribuiscono al colore,
ma al gusto e alla compattezza e persistenza della schiuma

CONSERVAZIONE DEL MALTO
Il malto viene venduto in sacchi di plastica che pesano da 1 Kg (per le varietà più scure tipo Chocolate e
Roasted Barley) a 25 - 50 Kg (per i tipi base: Pilsner e Pale Ale). Si possono conservare nei sacchi di
plastica con cui é venduto, richiudendo con un laccio i sacchi aperti e conservandoli al fresco e all'asciutto.
La cosa migliore e di farsi una scorta minima (almeno per il Pils e il Pale Ale), in modo da avere sempre malti
freschi ed enzimaticamente attivi.
Anche se alcuni rivenditori lo vendono già macinato, é opportuno macinare i malti giusto prima di iniziare il
mashing.



IL LIEVITO



INTRODUZIONE
Il lievito é un organismo unicellulare, che si riproduce dividendosi e creando copie di sé stesso. Il suo
nutrimento sono gli zuccheri più semplici (quelli fermentabili) e si sviluppa sostanzialmente in tre fasi:
1 - Respirazione: il lievito utilizza l'ossigeno disciolto nel mosto per immagazzinare energia per la futura
attività e riproduzione - questa fase dura da 2 a 24 ore
2 - Fermentazione: le cellule di lievito si riproducono molto velocemente (la popolazione raddoppia ogni 20
minuti) e metabolizzano gli zuccheri, trasformandoli in alcol etilico ed anidride carbonica - la fase di
fermentazione dura in genere dai 3 ai 6 giorni
3 - Sedimentazione: quando sono stati consumati quasi tutti gli zuccheri il lievito comincia a sedimentare
per mancanza di cibo sul fondo del fermentatore - fase di 1 - 2 giorni
I lieviti per birra sono sostanzialmente raggruppati in due grandi famiglie:
Saccharomyces cerevisiae, detto ad alta fermentazione, lavora nel range di temperatura 12-20°C e
fermenta in superficie, creando una massa di schiuma piuttosto compatta. Dà alla birra un sapore fruttato e
aromatico
Saccharomyces uvarum (Carlsbergensis) detto a bassa fermentazione lavora a 4-15°C e fermenta sul
fondo. La birra di lieviti a bassa non é generalmente fruttata e produce una birra che privilegia gli aromi dei
malti.
Alcuni esempi di stili di birre realizzate con lieviti ad alta fermentazione:
Ale, Bitter, Scotch Ale, Stout, India Pale Ale, Barley Wine, Alt, Kolsch, Weizen, Dubbel, Triple
mentre birre con lieviti a bassa fermentazione sono
Lager, Pilsner, Helles, Dortmunter, Bock, Monaco, Vienna, Marzen, Dunkel
Esiste poi una categoria particolare di birre (Lambic) in cui la fermentazione avviene spontaneamente, grazie
a lieviti presenti nell'aria. Queste sono tipiche di una zona nelle vicinanze di Bruxelles, in Belgio. Sorvoliamo
comunque su questo punto, dal momento che le possibilità di realizzare in casa una birra di questo tipo sono
molto limitate.

USO DEL LIEVITO
Il lievito di birra commercializzato viene venduto secco in bustina, oppure liquido. Il lievito liquido in generale
é di migliore qualità e purezza (ma anche alcuni secchi danno ottimi risultati) e soprattutto nel formato liquido
sono disponibili i lieviti specifici per ogni tipo di birra (ad esempio, se comprate il lievito Wyeast per Irish
Stout si dice ufficiosamente che sia proprio quello usato dalla Guinness!).
Precedentemente é stato spiegato come utilizzare il lievito secco attraverso la sua reidratazione; vediamo ora quello liquido.

IL LIEVITO LIQUIDO Il sacchetto di lievito contiene del liquido (micro-mosto? soluzione con nutriente?) e un
ulteriore pacchettino interno. 3 o 4 giorni prima della data fatidica, bisogna, senza aprire il sacchetto,
localizzare con le dita la posizione del sacchetto interno e romperlo, per esempio schiacciando con il palmo
della mano. Il sacchetto interno si rompe ed il lievito fuoriesce mixandosi al liquido. Il sacchetto comincerà
piano piano a espandersi, segno che internamente avviene una microfermentazione che permette alle poche
cellule di lievito originali di moltiplicarsi; entro qualche giorno (si dice, circa, un giorno per ogni mese di
vecchiaia del lievito) sarà bello gonfiato. A questo punto, si apre il pacchetto, e si immette il contenuto nel
fermentatore.

LO STARTER Si tratta di preparare una microbirra, di mezzo litro circa, per darla in pasto al lievito, che nel
fermentarla si moltiplicherà ulteriormente. La microbirra si prepara facilmente senza luppolo, bollendo per
pochi minuti un litro d'acqua con 60-70 grammi di estratto secco o due cucchiai di estratto liquido. Si bolle
per 5-10 minuti, si lascia raffreddare fino verso 25C e si misura la densità - meglio che sia attorno ai 1040.
Si mette questo mosto in una bottiglia da litro o da 0.75 (se si é formato un po’ di deposito di proteine meglio
cercare di non versarne troppo) e si aggiunge il lievito. Si chiude la bottiglia non ermeticamente, o con un
gorgogliatore, oppure usando del cotone o ancora un pezzetto di stoffa bianca sterilizzato. Tutto quello che
andrà a contatto con mosto e lievito va sterilizzato nel modo abituale (candeggina etc...).
Lo starter dopo qualche ora comincerà a fermentare. Qualcuno preferisce portare a termine la
fermentazione, togliere via la parte liquida (minibirra) e impiegare il sedimento di lievito che si é formato. I più
pensano che sia meglio cogliere il momento in cui la fermentazione dello Starter é al massimo, cioè circa a
metà strada (si chiama High Krausen) e inserire tutto nel mosto della vera birra che abbiamo preparato.
Il processo descritto si dovrebbe fare 24-36 ore prima della preparazione della birra, in modo tale da avere il
lievito pronto al momento opportuno. In questo modo la fermentazione parte velocemente, riducendo i rischi
di infezione.
Qual é lo scopo dello starter? Per una buona fermentazione, é opportuno che il numero di cellule di lievito
disponibili sia ottimale in relazione alla quantità di zuccheri che andiamo a fermentare. Infatti, in linea teorica
il lievito é riproducibile indefinitamente, mentre in realtà il numero di “duplicazioni” dipende anche dalla
quantità ossigeno (ed altre sostanze) presente nel mosto. Solitamente in una fermentazione normale, una
volta esaurito l’ossigeno, il lievito non riesce a moltiplicarsi oltre le 4 volte.
E’ sempre opportuno quindi prevedere una ottimale quantità di lievito: per 23 litri di una birra “normale” la
busta di lievito liquido può essere sufficiente, ma in caso di birre ad alta gradazione o di lieviti a bassa
fermentazione é meglio realizzare 1 o 2 litri di starter.
Se necessario, si possono fare più step: primo starter più piccolo, in questo caso fermentazione completa, si
elimina lasciando il sedimento di lievito, si prepara un secondo starter più grosso e così via...

LA FERMENTAZIONE Al di là della temperatura indicata per il singolo lievito (ad alta o a bassa) é
importante evidenziare che il lievito non sopporta i rapidi sbalzi di temperatura.
Se la temperatura poi é troppo alta (oltre i 25°C), oltre a maggiori rischi di contaminazione batterica, il lievito
produrrà degli sgradevoli aromi, mentre, se la temperatura é troppo bassa, il lievito si "addormenterà",
risultando inattivo. Come citato, l’ossigeno presente nel mosto é importante. La carenza di ossigeno, oltre a
problemi di corretta fermentazione, porta allo sviluppo di alti livelli di Esteri, che portano profumi ed aromi
fruttati molto forti (specie un aroma di banana).
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MessaggioTitolo: Re: Autoproduzione   Autoproduzione EmptyLun Ott 08, 2007 2:29 pm

RECUPERO E COLTIVAZIONE DEL LIEVITO
Considerando i costi delle bustine di lievito liquido, non é una brutta idea tentare di conservare il lievito per
utilizzarlo in più birre. Vediamo i vari modi:
1) il modo più semplice é: fatta una birra, al momento di imbottigliarla, quando si é travasata nel tino rimane
una grande quantità di sedimento di lievito... é il momento di preparare la birra successiva e, quando il mosto
é raffreddato, versarlo direttamente nel tino... la fermentazione inizia quasi immediatamente! Se si vuol fare
una birra molto alcolica, é il modo ideale per assicurarsi una fermentazione vigorosa e completa. Bisogna
essere disposti nello stesso giorno a imbottigliare la birra precedente e preparare la successiva. Si possono
"incatenare" diverse birre di fila - non troppe, massimo 5 o 6.
Davide Bertinotti - Come fare la birra in casa - pagina 23
2) molto semplicemente, si riempiono alcuni vasetti sterilizzati con il lievito rimasto sul fondo del tino, da
conservare ben chiusi in frigo, oppure
3) si riempiono alcune bottiglie con un po’ di birra torbida rimasta sul fondo, prendendo anche un bel po’ di
lievito, anche qui conservare in frigo a 4°C.
Quanto si conserva? Il lievito conserva il massimo di vitalità per 2-3 settimane dopo di che le cellule
cominciano a “morire”. Se si intende quindi utilizzare del lievito oltre questo tempo, é opportuno eseguire uno
starter per andare a moltiplicare le cellule rimaste in vita (e verificare prima di inserirlo nel mosto che andrà a
fare un buon lavoro di fermentazione).
Sono state realizzare birre ottime anche da lieviti “dormienti” da oltre un anno!
Oltre ai metodi descritti esiste naturalmente anche un modo molto più professionale basato su attrezzature di
laboratorio, capsule di Petri, metodi di congelamento etc., ma le conoscenze tecniche necessarie per questo
metodo sono proprio da biologo.

RECUPERO DEL LIEVITO DA BIRRE COMMERCIALI
Dove credete che le ditte che vendono i lieviti liquidi si siano procurati il loro lievito? La tecnica é uguale a
quella per riutilizzare il proprio lievito come al punto 3), solo che si devono fare almeno 2 o 3 step di Starter.
Il primo si può effettuare direttamente nella bottiglietta stessa, con 20 cl scarsi di starter, per minimizzare i
travasi. Bisogna aspettare spesso diversi giorni per vedere qualche segno di vita, e a volte non funziona
affatto, oppure si riattiva un lievito selvaggio o non puro. Si consiglia anche di scegliere birre non troppo
alcoliche e con la data di produzione più recente possibile; inoltre in certi casi bisogna pazientare per
parecchio tempo prima di notare segni di attività da parte del lievito.
Inoltre in molti casi (vedi weizen) il lievito in bottiglia non é quello della fermentazione primaria. Non é quindi
garantita al 100% l'efficacia della tecnica, nel senso che dipende da tipo e freschezza del lievito; e neppure
si può scommettere sulla purezza assoluta del lievito ottenuto.
Un esempio di ricoltivazione che funziona spesso é quello della Chimay tappo rosso (la meno alcoolica), ma
molte sono le birre rifermentate in bottiglia.
Lo svantaggio di quanto sopra é che, quando si beve una birra rifermentata in bottiglia, invece di assaporarla
e basta in santa pace può venire sempre la tentazione di recuperare il lievito!

IL LUPPOLO
Nella birra il luppolo ha diverse funzioni: é un ottimo conservante, stabilizzante (soprattutto per quanto
riguarda l'aroma e la schiuma della birra) e aromatizzante. Viene utilizzato il fiore (da pianta femminile) che
contiene diverse sostanza organiche, ciascuna delle quali ha uno scopo preciso per il birraio:
Resine - forniscono l'amaro
Olii - sono i responsabili dell'aroma
Tannini - provocano la coagulazione delle proteine durante la bollitura e la fermentazione
Le resine e gli olii sono contenuti in una specie di polline giallo che si può vedere alla base dei petali,
all'interno del fiore. Il pericolo maggiore per il luppolo é l'ossidazione (ecco perché viene venduto sotto
vuoto), che si manifesta quando le resine appaiono di colore arancione: in questo caso il luppolo ha perso
gran parte delle sue caratteristiche (soprattutto il potere amaricante) ed é da buttare. Le resine hanno però la
caratteristica di essere insolubili, ma attraverso una reazione chimica che avviene con la fase di bollitura del
mosto, le resine dell'amaro del luppolo si "sciolgono" e rimangono in soluzione nella birra.
Esistono differenti tipi di luppolo e ciascuno ha caratteristiche proprie per il potenziale apporto di amaro e di
aromi. Come vedremo, la quantità di amaro estratta dal luppolo aumenta con il tempo di bollitura, mentre al
contrario decresce il contributo aromatico (che é volatile). Quindi luppoli più "aromatici" vengono aggiunti
verso la fine della bollitura, rinunciando ad un contributo di amaro che sarebbe comunque limitato; i luppoli
più "amari" vengono aggiunti all'inizio, in quanto il loro aroma potrebbe non essere gradevole.
Il dato caratteristico di un luppolo per quanto riguarda l'amaro é la sua percentuale di Alfa Acidi (AA%)
mentre i Beta Acidi sono in qualche modo legati a gusto e aroma.
Riassumendo abbiamo 3 categorie

Luppoli da amaro, che hanno un AA% che va dal 6% al 10% e oltre. Vengono immessi di solito all'inizio
della bollitura. Principali varietà sono:
Inghilterra .................Brewers' Gold, Bullion, Target
Germania ..................Perle, Hallertau Magnum
Nuova Zelanda ...........Pride of Ringwood
Stati Uniti ...................Chinook, Cluster, Eroica, Galena, Nugget

Luppoli da aroma, in cui l'AA% non supera di solito il 5%. Usati verso la fine della bollitura.
Inghilterra ..................Goldings, Fuggles, Progress
Germania ...................Tettnang, Spalt, Hallertauer (Hersbrucker e Mittelfruh)
Nuova Zelanda ............Hallertau neozelandese
Rep.Ceca ....................Saaz
Slovenia .....................Styrian Goldings
Stati Uniti ....................Cascade, Mt. Hood, Willamette

Luppoli ambivalenti hanno un AA% abbastanza elevato (6-8% e più) e al tempo stesso un buon aroma
Inghilterra ...................Northern Brewer, Challenger, Northdown
Stati Uniti ....................Centennial

La stessa varietà di luppolo può essere coltivata in luoghi e terreni diversi assumendo così caratteristiche
diverse - un po’ come avviene per i vitigni. In genere gli inglesi sono morbidi e floreali, i tedeschi leggermente
speziati e gli USA "citrici".
Anche i valori di AA% non sono specificati in dettaglio, anche perché possono variare notevolmente da
raccolto a raccolto per la stessa varietà. Naturalmente é quasi sempre una buona idea usare il luppolo della
giusta "nazionalità" nel riprodurre una birra di un determinato paese.
Da notare che nulla impedisce di usare i luppoli da aroma anche per l'amaro. L'unico inconveniente é quello
economico, ma secondo alcuni la maggior spesa (infatti usando un luppolo dall'AA% basso bisogna
impiegarne una maggiore quantità) é compensata da una qualità superiore.

REALIZZAZIONE DELLA RICETTA
Compreso come si fa la birra in generale, é importante imparare come si fa UN particolare stile di birra, ossia
quale ricetta bisogna seguire; sostanzialmente:

• quali ingredienti utilizzare
• come utilizzarli
• come fare la fermentazione
• come fare la maturazione
Solitamente uno stile di birra si identifica anche con dei dati oggettivi cui si può fare riferimento per la
realizzazione della ricetta:
• Gravita Iniziale (OG = Original Gravity): la quantità di zuccheri presenti all’inizio della fermentazione
misurata con il densimetro. Per questa misurazione si utilizza anche un’altra scala, detta gradi Plato
• Gravità Finale (FG = Final Gravity): misura della quantità di zuccheri/alcool presenti alla fine della
fermentazione
• IBU (International Bittering Units): unità di amaro cedute dal luppolo alla birra (1 mg di AA per litro)
• Colore, solitamente espressi secondo la scala SRM
• Percentuale di Alcool (in volume)

Naturalmente, oltre a questi scarni dati, lo stile é identificato soprattutto dai profumi, aromi, corpo della birra
finita.
Per chi inizia a fare la birra in casa é opportuno quindi - almeno per le prime realizzazioni - fare riferimento a
dei canoni e ricette già sperimentate. In un secondo tempo, con maggiore esperienza, si potrà dare sfogo
alla fantasia, inventando nuovi stili e nuove ricette.
Ad esempio, lo stile BITTER é codificato secondo questi indici:
OG: 1.030-1.038
FG: 1.008-1.013
IBU: 20-40
SRM: 6-14
Alcool/Vol: 3-3.8%
Nell’ipotesi di voler realizzare una birra con estratto, quanto malto utilizzare? quanto luppolo?
Gradazione: esistono delle formule (e dei programmi per computer) che ci consentono di stabilire le quantità
necessarie, ma possiamo anche utilizzare delle pratiche approssimazioni: 100 grammi di zucchero purissimo
disciolto in un litro di acqua (o meglio, 1KG in 10 LITRI) daranno una misura al densimetro di 1.038. Altri
ingredienti contribuiranno in relazione alla loro quantità ed alla percentuale di zuccheri che si possono
estrarre. Più precisamente, bisogna tenere d'occhio le ultime due cifre (es. di cui sopra 38) che vengono
chiamate punti, "points".
1 Kg di zucchero da tavola in 10 litri di acqua dà un valore di 1.036 - 36 punti (questo perché quello
industriale non é purissimo. L'estratto di malto secco é quasi tutto zucchero, circa 35. Quello liquido contiene
il 20% di acqua, quindi circa 28. Nel dettaglio, i valori approssimati:

Autoproduzione Schema11

Altri grani: per grani tipo Cara- valori leggermente superiori o eguali al Crystal. Il concetto é che maggiore la
tostatura, minore la resa zuccherina.

Facciamo l'esempio di una ricetta per Bitter x 10 litri (Kg x punti = OG):

Estratto.............. 1300g 1,3 x 28 = 36
Crystal ...............150g 0,125 x 16= 02 Totale 38 = 1.038 OG

A ritroso, se vogliamo realizzare una Bitter sapendo l’OG finale: Kg = OG / punti = 36/28 = 1,3

Per le birre prodotte direttamente dai grani il discorso é più complesso. Un determinato malto ha un certo
contenuto zuccherino "potenziale", ma la quantità esatta che si riesce a portare in soluzione nel mosto
dipende dalla tecnica usata e dalla attrezzatura a disposizione; la percentuale di zuccheri ottenuti rispetto a
quelli teoricamente possibili é detta "efficienza". Nella produzione artigianale casalinga, la percentuale di
efficienza del sistema di solito varia da 60 a 80% di quella teorica (che corrisponde circa a 1.030 per i malti
“base” Pils, Pale, Monaco e Vienna).

Per cui ad esempio, sempre per Bitter x 10 litri, con efficienza 70%: (Kg x punti x efficienza = OG)

Pale malt ..................1700g 1,7 x 30 x 0.70 = 1.036
Crystal .....................150g 0.125 x 16 x 0.70 = 1.001 Totale 37 = 1.037 OG

Secondo questa logica si calcolerà anche a ritroso: Kg = OG /(punti x efficienza) = 36/(30x0.70) = 1,7

Ovviamente per il calcolo con altre quantità di birra (ad es. 23 litri):

Pale malt ................1700g x 23/10 = 3910g
Crystal ...................150g x 23/10 = 345g

Altro esempio: se vogliamo realizzare 23 litri di Pilsner OG 1.050 quanto malto utilizzare?

Kg = OG x (litri totali/10)/(punti x efficienza) = 50x(23/10)/(30x0.70) = 5,47

Come stabilire l’efficienza esatta del sistema? L’unico metodo é un calcolo a posteriori: terminata la
realizzazione della birra, misurando con il densimetro:

Efficienza = OG x (litri totali/10)/(punti x Kg) = 50x(23/10)/(30 x 5,47) = 0,70 ossia efficienza 70%

Stabilita con qualche prova l’efficienza del proprio sistema sarà possibile realizzare le proprie ricette con
maggior accuratezza.
Amaro: per calcolare la cessione dell’amaro dal luppolo al mosto le cose sono un pò più complicate.
Inoltre, a differenza della gradazione, non vi é un riscontro finale delle proprie stime, perché la misura vera e
propria del grado di amaro di una birra prodotta non é nelle possibilità di un normale homebrewer.
L’amaro (IBU) é proporzionale alla quantità di luppolo, alla sua AA% e alla percentuale di estrazione delle
sostanze amare che si riesce ad ottenere. Una formula approssimata é:

..............(grammi luppolo) x AA% x UTIL%
IBU = ---------------------------------------------
.........................10 x (litri mosto)

Oppure, per avere direttamente la quantità di luppolo da usare a seconda delle IBU desiderate:

..............................IBU x 10 x Litri Mosto
Peso del luppolo = ----------------------------
.............................Alfa acido % x UTIL%

Tornando alla formula... da cosa dipende la UTIL%?
Principalmente da:

• durata della bollitura (abbastanza intuitivo, più si bolle ed entro un certo limite più amaro si estrae)
• gradazione saccarometrica ovvero densità del mosto - meno intuitivo, ma con mosti molto concentrati, di
alta densità, l'estrazione di amaro viene diminuita
• altri fattori, tipo l'uso o meno di pellets o del sacchetto per il luppolo etc.
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MessaggioTitolo: Re: Autoproduzione   Autoproduzione EmptyLun Ott 08, 2007 3:23 pm

In pratica può essere utilizzata questa tabella

Autoproduzione Schema12

che deve essere però tarata a seconda della densità DEL MOSTO in bollitura dividendo secondo il seguente
parametro (qui non bisogna utilizzare i punti, ma i decimali):

1 + (OG - 1,050)/0,2

Quindi, ad esempio, se vogliamo calcolare l’IBU di 20g AA 5% per 60 minuti + 10g AA 5% per 30 minuti in
15 litri di mosto di OG 1,065:

IBU = (20x5x(30/(1+(1,065-1,050)/0,2)/10x15)) + (10x5x(15,30/(1+(1,065-1,050)/0,2)/10x15)) = 23,34.

Ma si devono proprio fare questi calcoli per elaborare una ricetta? In teoria si, ma in pratica esistono
worksheet o programmi appositi che verranno segnalati più avanti. Però é sempre interessante capire cosa
c'é sotto.
Altro discorso é stimare il corretto bilanciamento dell'amaro in una birra: secondo chi scrive una birra é
bilanciata se le IBU sono circa il 50-60% dei "punti" di OG (cioé OG -1000) della birra finita.
Questa é una approssimazione corretta per birre normalmente “attenuate” (75%, ovvero densità finale circa
1/4 dell'OG) perché in realtà quelli che si devono bilanciare sono gli zuccheri residui alla fine della
fermentazione.
Ad es., una birra di 1078 OG sarebbe bilanciata con circa 40 IBU (ma se é molto "secca" ne bastano di
meno)
Naturalmente ogni stile ha il suo bilanciamento verso il dolce o l'amaro. Una lager a 1050 e 25 IBU, é
piacevole, ma una pils coi fiocchi tende decisamente all'amaro e infatti la Urquell arriva a 44.
Un Barley Wine a 1100 e 60 IBU é abbastanza bilanciato, un po’ tendente all'amaro, come deve essere (in
realtà é MOLTO amaro, ma é anche MOLTO dolce)
Se stiamo semplicemente seguendo una ricetta già dettagliata (con tanto di tempi di bollitura) non é
necessario addentrarsi nei calcoli degli IBU - anche se non si ha a disposizione un luppolo dello stesso
Davide Bertinotti - Come fare la birra in casa - pagina 28
identico AA% di quello specificato nella ricetta; basterà fare una semplice proporzione.
Ad es., posso sostituire 40 gr. di luppolo al 6% AA con 60 gr. di luppolo al 4% AA e così via.
Alcool: per ricavare la gradazione alcoolica di una birra si può partire da OG e FG attraverso questa
relazione:

Alc Vol = (OG - FG) / 7,5

Alcool e gradazione saccarometrica non sono in relazione univoca, perché entra in gioco il fattore FG. Infatti,
la fermentazione della birra é caratterizzata dal fatto che solo una percentuale degli zuccheri viene
trasformata in alcool e questa percentuale non é fissa. La "percentuale di discesa" dalla OG alla FG dà
un'idea di quanto una birra é "attenuata" ovvero quanta percentuale di zuccheri é stata fermentata

AA=Attenuazione Apparente = 1 - (FG/OG) (in punti)

Ad esempio, se OG=1080 FG=1020 AA= 1- (20/80) =0.75 =75%
La attenuazione reale é diversa, (infatti bisogna tenere conto del fatto che l'alcool ha densità minore di uno,
circa 0,8 ). Si ha:

RA=(Attenuazione Reale) = AA/1.23 nell'esempio di cui sopra, RA=75%/1.23=61%

N.B l'attenuazione apparente può anche superare il 100%, in quanto in birre molto attenuate (o nel sidro) la
FG può scendere sotto 1000. La RA ovviamente é al massimo il 100%!

APPROFONDIMENTI:

LE TEMPERATURE DEL MASHING E GLI ENZIMI
Come accennato in precedenza, nel mashing la temperatura dell’acqua attiva degli enzimi presenti nel
malto. I più importanti di questi enzimi sono essenzialmente di due tipi: proteolitici (che “rompono” le catene
complesse di proteine in aminoacidi e proteine semplici) e diastatici (che convertono gli amidi in zuccheri
fermentabili e destrine non fermentabili). Ciascuno di questi processi sono favoriti da una particolare
temperatura e condizioni di acidità. L’homebrewer può quindi regolare temperatura (ed eventualmente
acidità) per ottenere differenti composizioni del mosto.

Autoproduzione Schema13

Le proteine presenti nell’orzo (e altri cereali) possono essere responsabili di eccessiva torbidezza (e gusti
“strani”) nella birra finita. Molte proteine sono disgregate nel processo di maltazione, ma alcuni malti
(tipicamente pilsner) possono avere una percentuale di proteine eccessive rispetto a quanto desiderato. Una
pausa di 15 minuti del mosto a 50C consente la disgregazione delle proteine in eccesso. La pausa non deve
essere maggiore di 25/30 minuti perché le stesse proteine sono anche responsabili della persistenza della
schiuma: si rischia di ottenere una birra senza corpo e con schiuma evanescente.
Tradizionalmente i malti base ben “modificati” (ossia con minor contenuto di proteine) sono quelli inglesi -
Pale. In realtà oggi tutti i malti per homebrewers sono da ritenersi ben modificati; il “protein rest” (pausa della
proteasi) può tuttavia essere utile se si utilizzano fiocchi o cereali non maltati come grano, avena o riso.
Gli enzimi della amilasi sono invece responsabili della trasformazione degli amidi in zuccheri
(saccarificazione). Le Alfa amilasi suddividono le lunghe e complesse catene di amidi in catene più semplici
di amidi e di zuccheri-destrine; le Beta amilasi “tagliano” queste ultime catene in molecole di glucosio e
maltosio facilmente fermentabili. Una temperatura di mashing di 66C é un ottimo compromesso per
realizzare un rapporto di zuccheri fermentabili e non fermentabili equilibrato. Se vogliamo invece realizzare
birre più alcoliche, secche, con meno corpo, possiamo realizzare pause di saccarificazione attorno ai 62C,
mentre per birre con maggior corpo i 69C andranno bene.
Il lavoro delle amilasi viene solitamente ad essere terminato in 30-90 minuti, a seconda della qualità del
malto, delle temperature, pH e rapporto acqua/grani.
Questi enzimi sono termolabili, ossia vengono distrutti ad una temperatura superiore ai 77-78C. Ecco perché
alla fine del mashing é consigliata una pausa di 5-10 minuti ai 78C: non distruggendo gli enzimi, rischiamo
che questi continuino a “lavorare” durante il processo di filtraggio, modificando la composizione degli
zuccheri che avevamo ricercato nel mashing. E’ bene non andare oltre gli 80C in questa fase perché alcune
sostanze indesiderate dei grani (tipicamente tannini) possono venire estratte e passare nella birra.
Come accennato, il lavoro degli enzimi dipende anche dal livello di acidità dell’impasto. L’acqua é
tipicamente neutra a pH 7; il malto provvede generalmente ad abbassare il pH a livelli di acidità ottimale
(soprattutto i malti maggiormente tostati). Può capitare che l’acqua contenga sali minerali che impediscano
questa discesa: il birraio può quindi intervenire aggiungendo 2-3 cucchiaini (per 20 litri) di Solfato di Calcio
conosciuto col termine gypsum, oppure (se riuscite a trovarlo) qualche goccia di Acido lattico all'80%, fino a
raggiungere il dato di pH cercato. L’uso di questi mezzi deve essere usato con attenzione perché queste
aggiunte modificano anche il gusto della birra finita.

PRIMING: CARBONAZIONE NATURALE
La carbonazione (naturale) viene ottenuta aggiungendo degli zuccheri fermentabili al momento di
imbottigliare. In alternativa (carbonazione forzata) si può aggiungere CO2 ad una birra contenuta in un
contenitore stagno (Keg).
L'ammontare di CO2 (il gas che viene generato dal lievito nella "digestione" degli zuccheri fermentabili) si
misura in volumi.
La quantità di gas capace di "sciogliersi" nel liquido dipende dalla pressione del contenitore (più alta é la
pressione, più gas, col tempo, riuscirà ad essere "assorbito" dal liquido) e dalla temperatura (più bassa é la
temperatura più gas sarà solubile).
La "regola generale" suggerisce una quantità di 6/7 grammi litro, ma come ogni tipo di birra richiede il proprio
luppolo e la propria miscela di malti, così i diversi tipi di birra nascono in origine con livelli diversi di
carbonazione.
La seguente tabella indica i livelli di carbonazione tipici di alcuni stili di birra:

Autoproduzione Schema14

Per raggiungere il giusto livello di carbonazione dovremo conoscere quanta CO2 é già disciolta nella nostra
birra prima dell'imbottigliamento.
Poiché la pressione nel nostro caso di fermentazioni a pressione atmosferica, NON incide, l'unica variabile é
quella della temperatura in cui é avvenuta la fermentazione.

Autoproduzione Schema15

L'aggiunta del giusto quantitativo di zucchero dipende dal fatto che 4 gr litro di zuccheri fermentabili (canna o barbabietola) producono esattamente 1 volume di CO2.
Grammi zucchero = (carbonazione finale - carbonazione già presente) x 4 x litri birra
ESEMPIO: 23 litri di birra fermentati a 20 C. Voglio ottenere una carbonazione di 2,5 volumi.

Formula: (2,5-0,88 ) x 4 x 23 = 149 gr

Per complicare le cose, nelle birre ad alta densità e da invecchiamento (Barley Wines, birre belghe etc.) il
lievito impiega mesi nella demolizione delle molecole complesse (destrine) e loro successiva fermentazione:
questo processo può aumentare la carbonazione finale anche di un volume.
Tipi di zuccheri: i calcoli precedenti sono corretti per l'utilizzo di zuccheri
TOTALMENTE fermentabili (che ripeto sono i nostri zuccheri granulati da cucina: di canna o di barbabietola)
Per altre tipologie di zucchero, vale il discorso già affrontato precedentemente: il miele pur essendo
ottimamente fermentabile contiene una buona percentuale d'acqua (come del resto lo zucchero liquido
EDME): in questo caso la quantità da utilizzare va incrementata di un 40%.
Nell'uso di estratto di malto la quantità va incrementata mediamente del 30% (estratto in polvere) o del 60%
(estratto liquido) dipendendo dalla percentuale di liquido presente.

ALTRI METODI DI CARBONAZIONE
Carbonazione forzata: se la birra non viene imbottigliata ma infustata (keg) allora é possibile effettuare una
carbonazione forzata per mezzo dell’impianto di spillatura. Il collegamento con la bombola di CO2 viene
lasciato aperto per un certo periodo di tempo, saturando sino al livello voluto la birra. Il metodo consente di
avere minor deposito di lievito, dal momento che nella rifermentazione in bottiglia viene stimolata la sua
replicazione. I costi dell’impianto sono però non indifferenti ed il consumo del fusto deve essere abbastanza
rapido dal momento della sua apertura.
Krausening: prima di immettere il lievito nel mosto, una parte del mosto stesso (6-10%) viene messa in
contenitori sanitizzati e conservata in frigorifero. Al momento di imbottigliare, il mosto viene aggiunto alla
birra che avrà così ulteriori zuccheri da fermentare. Il metodo é certamente preferito dai “puristi” di scuola
tedesca e permette di avere una uniformità totale dei malti nella birra, senza aggiunte non coerenti alla
ricetta. Quale quantità di mosto mettere da parte? La CO2 prodotta con il krausening dipende ovviamente
dalla quantità di zuccheri fermentabili e quindi dalla OG e dalla attenuazione. Una pratica approssimazione é
data da

.............................VolCO2 x Volume mosto x 1,8
Volume krausen = ----------------------------------------------
........................................OG - FG (in punti)

Dove VolCO2 é il volume da aggiungere a quello già presente. Ad esempio, volendo carbonare 23 litri di
weizen che ha fermentato a 18°C (OG 1.040 FG 1.008) con 3 VolCo2:
VolCo2 da aggiungere = 3 - 0,93 = 2,07
Vol Krausen = (2,07 x 23 x 1,8 ) / (40-8 ) = 2,67 litri
Spunding: imbottigliare la birra a fermentazione NON conclusa (indicativamente quando restano da 5% al
10% di zuccheri NON fermentati - ovvero quando la densità é ancora 2/4 punti più alta del livello finale
previsto). E’ un metodo poco preciso soprattutto per la qualità degli strumenti per misurare la densità che
solitamente l’homebrewer ha a disposizione. In caso di sottovalutazioni si può rischiare di imbottigliare
potenziali bombe!



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